
L’autunno è periodo di movimento e cambiamento per i camosci (Rupicapra rupicapra). Il bruno e corto manto estivo lascia il posto alla pelliccia folta e scura dell’inverno con i maschi che indossano l’irsuta criniera dorsale e compare il pennello, un ciuffo di lunghi peli nell’area genitale. Ma cosa più importante, questi acrobati delle cime stanno per entrare nel periodo riproduttivo.
Fino a settembre maschi e femmine di camoscio conducono vite separate: le femmine vivono in branchi assieme ai capretti nati alla fine della primavera e agli individui giovani non ancora pronti a riprodursi, mentre i maschi conducono vita solitaria. Al massimo in alcuni casi all’adulto si lega un giovane “apprendista” che lo segue, osservandone con cura i comportamenti con il desiderio di diventare un individuo grande e forte capace di vincere gli scontri per la conquista delle femmine.
Con l’arrivo dei primi freddi autunnali le cose cambiano. I maschi iniziano a diventare aggressivi e difendono strenuamente un piccolo lembo di territorio con lo scopo di mantenere al suo interno un branco di femmine. Senza sosta marcano l’ambiente grazie alle ghiandole della fregola poste dietro alle corna e dalle quali secernono una sostanza fortemente odorosa su arbusti e rocce. Ma è solo quando un altro maschio adulto invade il territorio che hanno luogo i “rituali” più emozionanti: il camoscio, drizzando la barba dorsale, assume atteggiamenti detti di imposizione, con il collo e il muso protesi verso l’alto ad intimidire i rivali. Se questo non è sufficiente a far abbandonare il campo al maschio rivale, il camoscio si lancia in spettacolari corse lungo le praterie alpine. Instancabile grazie al suo possente cuore, rincorre sui pendii l’avversario e non di rado si assiste persino a scontri fisici tra i due individui.
