Alla fine dell’estate si è talvolta sopraffatti da una strana malinconia della bella stagione che se ne va e si sente forte la necessità di uscire ancora una volta fuori alla ricerca di un non so che per bagnarsi dei caldi raggi del sole, vivere all’aperto le ancora molte ore di luce e assaporare quel piacere immenso che dà sulla pelle la prima aria frizzante autunnale.
Per godere appieno di queste piacevoli sensazioni vi portiamo a scoprire quattro paesi dimenticati della nostra regione, quattro isole immerse nelle nostre montagne il cui orologio si è fermato quando il loro ultimo abitante le ha lasciate chiudendo dietro di sé la porta di casa per non tornare mai più.

Quando mettiamo lentamente piede in uno di questi paesi abbandonati ci viene quasi automatico il gesto di abbassare la voce esattamente come quando entriamo in un luogo che richiede rispetto. Qui a richiedere tali attenzioni sono le tracce degli uomini e delle donne che ne hanno abitato le case. Nel silenzio che permea questi luoghi antichi è assordante ciò che manca oggi ma che un tempo c’era, il lieto pullulare delle genti, le grida dei bambini per le vie, il vociare delle donne che si ritrovano a prendere l’acqua.
Ci si ritrova a sognare nuovi futuri, a coltivare speranza per dei paesi che hanno i giorni contati, prima che la natura con la sua spinta vitale che mai si ferma abbia su di loro il sopravvento, ci si ritrova infine a riflettere su come tornare a popolare quelle montagne tanto belle che noi amiamo e che desideriamo condividere con voi.







Inizieremo il nostro viaggio nei paesi dimenticati sabato 30 settembre dalla zona della Val Cosa con la salita a Praforte e all’ex poligono militare del Ciaurlec, terra di lupi e partigiani.
Domenica 8 ottobre ci addentreremo nella selvaggia Val Tramontina per visitare Tamar e Palcoda, due dei moltissimi borghi abbandonati della vallata simbolo della forza e della tempra delle popolazioni locali che, pur di sopravvivere alla durezza del quotidiano e alle poche risorse della zona, andavano a cercare nelle aree più interne e selvagge luoghi adatti alla vita e all’agricoltura.
Infine, domenica 15 ottobre andremo a Stavoli e Moggessa, nella valle del fiume Glagnò, tra mulini, boschi banditi, gamberi di fiume e maestri d’altri tempi, figure cardine della cultura friulana che qui hanno fatto gavetta.